Il Carnevale è una festa di origine popolare che da secoli si tramanda. Rappresenta un momento di incontro che rompe la distinzione tra le classi sociali, dove chi è ricco può comportarsi da povero e chi è povero può far finta di essere ricco. È proprio qui che risiede il valore autentico e antropologico di questa celebrazione, nel voler essere una festa d’incontro, dove si può dare sfogo alla propria interiorità. È una festa che nella nostra tradizione irpina ha un ruolo portante, basti pensare al fatto che la Zeza di Mercogliano colpì un autore del calibro di Pier Paolo Pasolini, spingendolo a volerla usare come sottofondo in uno degli episodi del suo famoso film Decameron.
Il Carnevale: tra mondo pagano e mondo cristiano
Ripercorrendo in breve le origini del Carnevale esso si presenta come una festa celebrata principalmente nei paesi di tradizione cristiana, non ha una data fissa nel calendario (dipende infatti, dall’inizio della Quaresima e dalla Pasqua). Per il nome vengono indicate diverse derivazioni, la più accreditata è Carnem Levare, ovvero “levare la carne” per indicare il periodo di digiuno della Quaresima che segue il Carnevale: anticamente l’ultimo banchetto precedeva il periodo di astinenza, in cui era vietato mangiare la carne. In realtà tracce e testimonianze del Carnevale o di feste simili sono presenti anche prima dell’avvento del Cristianesimo. Infatti, se ricerchiamo origini più remote, possiamo far riferimento al mondo pagano. Si può pensare agli antichi egizi ad esempio e ai loro festeggiamenti in onore di Iside, simbolo dell’abbondanza. Oppure alle festività greche legate al dio Dionisio, o quelle romane legate a Saturno. Nonostante siano lontane nel tempo le une dalle altre e presentino delle differenze, queste festività sono accumunate da alcuni elementi di fondo, come l’idea del trionfo del caos sull’ordine, l’uso di maschere per rendere irriconoscibile il ricco dal povero, e il consumo di cibo sempre in abbondanza. Insomma, il Carnevale si presentava come un momento di grande libertà, ci si lasciava andare allo scherzo e al gioco prima che, terminate le feste, l’ordine tornasse a dettar legge nella società.
I paesi irpini protagonisti del Carnevale
Nel contesto irpino sono tanti i paesi che ancora oggi portano avanti questi coloratissimi festeggiamenti, accompagnati da un sentimento comune che sembra fare da filo rosso: quello di rivendicare la propria identità, di mostrare come si faccia parte della storia e di come si possa esserne protagonisti. Vediamo insieme i tanti paesi-attori, in una lista che sembra allungarsi sempre di più!
La “Zeza”: è una vera e propria istituzione per molti paesi irpini, di origine partenopea, nata intorno alla metà del Seicento, si è radicata profondamente nell’hinterland avellinese. L’appellativo “zeza” farebbe riferimento a Lucrezia, moglie civettuola di Pulcinella. Partendo dalla stessa vicenda, con variazioni anche minime su personaggi, balli e travestimenti, questa scenetta carnevalesca anima e fa cantare le strade di numerosi borghi: La Zeza di Bellizzi, quella di Rotondi, la Zeza di Mercogliano, di Monteforte Irpino, di Montemiletto, di Capriglia e Cesinali. Il cuore di quest’evento è la “Canzone di Zeza”, interpretata da attori esclusivamente maschi, travestiti anche da donne e l’immancabile rappresentazione della scena che avviene in piazza.
La Mascarata di Serino: il cuore di questa festa è un matrimonio, celebrato dai protagonisti a ritmo di danza e musica suonata con strumenti di fortuna. Tutti i partecipanti indossano una maschera per coprire il volto celando allo spettatore la loro identità. Lo sposo regala mimose alle donne del paese affacciate ai balconi, aiutandosi con una piccola scala, mentre la sposa, che in realtà è interpretata da un uomo, regala confetti a tutti i presenti. Si aggira anche una strana figura, quella di un uomo travestito da vecchietta, che porta sulle spalle il suo anziano compagno.
Il Carnevale di Montemarano: la regina indiscussa qui è la tarantella che chiama e invita sulle strade tutti gli abitanti. Quest’ultimi, con travestimenti molto originali e creativi, si lanciano in una sfilata di tipo processionale: come un’onda senza sosta scendono per le strade principali del paese, seguendo il ritmo ben sostenuto di musica e balli, vivendo momenti di estasi collettiva, man mano che il sole cala e la fine della festa si avvicina. Questo ci rimanda alle origini del ballo e alle sue funzioni, al legame con antichi riti propiziatori e agricoli e al forte sentimento di liberazione, di inibizione che esso rappresenta, evidenziando ulteriormente il carattere trasgressivo e beffardo di questa celebrazione. La tarantella è molto diffusa anche nei paesi limitrofi tra cui Volturara Irpina ma anche Castelvetere sul Calore e Paternopoli, dove i gruppi di ballo sono seguiti da suggestivi carri allegorici che piacciono a grandi e piccini.
Il Carnevale Paternese è famoso per i suoi splendidi carri tanto da essere riconosciuto come la “Viareggio d’Irpinia”. La sua storia ha radici profonde, e parte dall’ingegno del Paternese Alfonso Basile, che durante la prima edizione di questa fantastica festa decise di allestire “la nave della speranza”, un forte richiamo alla storia di tanti emigranti che si ritrovavano a prendere questa nave per trovare fortuna nei paesi lontani, in un periodo storico caratterizzato da tante emigrazioni verso la fine degli anni ’40
Il Laccio d’Amore: questa danza è una delle più longeve, rimanda ad antiche pratiche e sentimenti, come la fecondità umana ed è simbolo di buon auspicio per i raccolti agricoli. Il palo centrale è dominato dal segno del sole nuovo e intorno ad esso prende avvio la danza. I partecipanti sono rigorosamente 24, divisi in due gruppi, composti uno da donne e l’altro da uomini. Ventiquattro sono anche i nastri colorati che pendono dal palo e che passo dopo passo vengono intrecciati dai ballerini. Ad esserne teatro principale sono il Vallo di Lauro e il Baianese, in particolare i comuni di Taurano, Quindici, Lauro e Pago del Vallo di Lauro.
Il Ballo O’Ntreccio diffuso a Montoro, Pizza di Pandola, Banzano, Borgo e Forino e più nello specifico a Petruro di Forino. Anche questa danza di tipo processionale ed estremamente scenografica, si annovera tra le antiche tradizioni contadine. I danzatori, dividendosi per coppie, disegnavano nell’aria girotondi e gallerie attraverso un cerchio, il famoso ’ntreccio, realizzato con rami di vite e nocciolo. Ancora oggi vengono intrecciati una serie di cerchi con nastri variopinti creando delle gallerie coloratissime.
La N’ndrezza di Cervinara: un caratteristico ballo che ricorda una famosa battaglia cervinarese. Il ritmo incalzante e impetuoso viene scandito, ancora oggi, con mazze di legno che rappresentano le più offensive armi. Il ballo, intervallato da una parte recitata, viene eseguito da 12 coppie di giovani locali, ricreando il clima e l’ardore dell’immemorabile battaglia.
Sei pronto per immergerti tra le allegre e coloratissime strade dei borghi irpini? E tu, a quale Carnevale irpino parteciperai?