L’Irpinia tra 4 fiumi: Sabato, Calore, Ofanto e Sele

da | 7 Ott, 2022 | Natura | 0 commenti

La massiccia presenza di fiumi è uno dei tratti maggiormente caratteristici della meravigliosa Irpinia, terra di aria salubre e di paesaggi mozzafiato, di bellezza naturale e di flora, tutte risorse che da millenni assicurano materie prime, biodiversità e spazi vitali. La ricchezza idrografica costituisce dunque una componente rilevante dell’identità irpina.
Entrando nel merito dei fiumi irpini, i 4 più significativi sono: il Sabato e il Calore che scorrono ad ovest, l’Ofanto che giace nella zona orientale, segnando il confine con la Basilicata e il Sele, presso il margine sud-orientale.

Curiosità: i nostri fiumi nella storia

Lo sapevi che nei pressi dell’Aufidus – questo il nome con cui l’Ofanto era anticamente conosciuto – fu combattuta una delle principali battaglie nell’ambito della seconda guerra punica? Si tratta della battaglia di Canne (216 a.C.), scontro che si concluse con la facile affermazione dei Cartaginesi ai danni dei soldati romani.
E sapevi che la storica tratta ferroviaria Avellino-Rocchetta Sant’Antonio attraversa ben tre di questi fiumi? Infatti, il treno storico – un viaggio nel verde da 118 km che anche Info Irpinia ha contribuito a ripristinare per fini turistici – oltre a toccare ben tre regioni (Campania, Puglia e Basilicata) sormonta e costeggia il Sabato, il Calore e l’Ofanto, dando modo a chi viaggia di sentirsi totalmente immerso in un contesto fluviale.
La ferrovia in questione fu, peraltro, una delle grandi cause per le quali si batté Francesco De Sanctis.

Il racconto di Donato

I fiumi che attraversano i nostri territori svolgono un ruolo sociale e identitario molto importante, quasi intimo. D’altronde, ogni corso d’acqua, oltre a bagnare, irrigare e trasportare, ha la preziosa capacità di mettere in relazione.
Anche in Irpinia, in un’epoca non troppo lontana – quella della pre-industrializzazione – i fiumi svolgevano significativi ruoli di socialità ed erano in grado di stabilire rapporti profondi con gli abitanti delle varie comunità, oltre che con una più ampia gamma di fruitori.
Ciò rappresenta anche uno degli elementi più forti emersi dal nostro incontro con Donato Gioseffi (Gal Cilsi). “In effetti – ha ammesso – anche in Irpinia, come in tanti altri luoghi, i corsi d’acqua ricordano il rapporto con la vita e il fluire del tempo. Oggi non si vive più il fiume come lo si faceva fino agli anni Settanta, quando addirittura esso poteva ergersi a luogo di divertimento per i giovani”.
Donato, nativo di Lioni, fa riferimento in special modo all’Ofanto, presso il quale, in località Valle delle Viti (dove fermava anche il treno), si recava anni addietro, anche praticando la balneazione. “Per noi il fiume ha rappresentato Paestum prima che scoprissimo Paestum” ha aggiunto.
È, d’altro canto, quello stesso corso d’acqua presso cui Donato, negli anni Cinquanta e Sessanta, vedeva dirigersi, con enormi ceste sul capo, le lavandaie del tempo, che poi ponevano i panni lavati ad asciugare sul Ponte Romano.
Un ruolo, dunque – quello del fiume – oltre che di socialità, anche di purificazione.

Lioni, fiume Ofanto

In viaggio tra i fiumi irpini

Fiume Sabato

Il Sabato – la cui valle fa da cruciale cerniera tra i Monti del Partenio e i Picentini – nasce dal Monte Accellica e presenta un percorso di circa 60 km; una quarantina di essi in territorio irpino.
Se in prima battuta attraversa territori a valle sostanzialmente scevri di insediamenti, verso il Serinese il bacino vede invece la confluenza di vari valloni provenienti dal Terminio; spiccano quelli del Matrunolo e dell’Olmo.
Superata la città di Atripalda, esso si insinua nel nucleo industriale di Avellino. Seguendo il fluire dell’acqua, tra colli e boschi, si scorgono noccioleti e soprattutto vigneti. Siamo d’altronde nel cuore dei territori conosciuti in tutta Italia per le produzioni vitivinicole d’eccellenza. Da un punto di vista naturalistico e culturale, risaltano il Parco Naturalistico del Partenio, ma anche il Parco Regionale dei Monti Picentini.
Purtroppo tale ricchezza naturalistica è costantemente umiliata dall’inquinamento ambientale e dagli sversamenti denunciati più volte dall’Associazione “Salviamo la Valle del Sabato” con il suo presidente, il dott. Franco Mazza, a mostrarsi da sempre in prima linea.

Fiume Calore

Il Sabato raggiunge, nei pressi di Benevento, il Calore (anche detto “Calore Irpino” o “Beneventano”). Lungo 115 km, esso sviluppa il proprio corso parallelamente a quello dello stesso Sabato, ricevendo le acque dell’Ufita, per poi gettarsi nel Volturno e alimentare condutture di uso civile e industriale, oltre ad avere importanti finalità idropotabili e agricole.
Il Calore investe per i suoi primi 50 km la nostra provincia: nello specifico, ad occidente è rivolto verso l’hinterland del capoluogo e il Napoletano, mentre verso oriente guarda all’Alta Irpinia.
Scorrendo entro sponde perlopiù naturali, il fiume nasce dalle sorgenti situate nel territorio di Montella, nel cuore del Parco dei Monti Picentini, fluendo da Nusco a Luogosano senza attraversare centri abitati, fatta eccezione per Ponteromito, piccolo centro irpino in cui peraltro per i ragazzi del posto, fino a qualche anno fa, resisteva la tradizione di fare il bagno e di andare a pesca.
Le realtà interessate dal bacino in questione si ergono a territori da conoscere e visitare, in quanto sono caratterizzati dalla presenza non solo di eccellenze paesaggistiche (dalle montagne dei Picentini alle colline del Taurasi), ma anche di aree dedicate alla viticoltura di qualità (Fiano DOCG e Taurasi DOCG), oltre che di siti di interesse archeologico (area dell’Eclanese).

Fiume Ofanto

Venendo invece all’Ofanto, parliamo di un altro fiume di grande rilevanza, non solo per il nostro territorio ma anche per la Puglia, regione nella quale costituisce il bacino più lungo e ricco.
Nascendo dal versante orientale dell’Appennino Campano e dirigendosi poi a nord-ovest segnando il confine con Basilicata e Puglia (prima di destinare le proprie acque all’Adriatico), l’antico Aufidus costituisce, di fatto, la spina dorsale di una fetta di Mezzogiorno molto ampia. Dal punto di vista paesaggistico, il corso d’acqua offre svariati siti di rilievo: dal Lago di Conza al Bosco di Zampaglione, che interessa i comuni di: Calitri, Aquilonia, Bisaccia e Monteverde.
In termini di fauna, va sottolineato che lungo gli argini dell’Ofanto trovano rifugio numerose specie di mammiferi (dalla volpe al riccio), oltre al fatto che, nei pressi del Formicoso, molte specie di uccelli varcano con facilità l’Appennino grazie alla presenza di quote tendenzialmente meno elevate rispetto ai circostanti Monti Picentini e Monti del Sannio.
Da un punto di vista architettonico, non si può non rimarcare che, nel tratto più alto del suo corso – segnatamente subito dopo aver lasciato Torella – l’Ofanto fiancheggia, presso il territorio di Sant’Angelo dei Lombardi, la splendida Abbazia del Goleto. Il fiume, peraltro, fa capolino nel centro abitato solo a Lioni, nei pressi di Oppido Vetere, dove sorgeva un magnifico esempio di villaggio-fortezza sannita testimoniato oggi da alcuni rilievi litici.

Fiume Sele

Il Fiume Sele, dalla sua, si origina nel territorio di Caposele, parte integrante della comunità montana Terminio Cervialto e autentica perla in seno al Parco dei Picentini ai piedi del Monte Paflagone. Va ricordato che a Caposele, per custodire le maestose sorgenti, era presente una caserma, prima costruzione in cemento armato d’Europa, non indicata sulle mappe in quanto punto sensibile.
Ad ogni modo, in tempi antichi il fiume era addirittura navigabile, ma oggi presenta dimensioni più ridotte rispetto all’epoca romana, complice un momento storico in cui le acque vengono captate dall’Acquedotto Pugliese, di cui, peraltro, Giuseppe Ungaretti disse: “Un’opera che non vede nessun’altra, anche per bellezza”.
Il corso d’acqua attraversa la Piana del Sele, per poi sfociare nel mare di Paestum, in prossimità dei celeberrimi scavi archeologici.

Ti invitiamo a riprendere il contatto con i corsi d’acqua del nostro territorio, per proteggerli e farli rivivere come un tempo, ritrovando quell’antico legame che unisce gli individui a quei luoghi dell’anima di cui l’Irpinia è ricca.

Foto di Ludovica Carfagno, Donato Gioseffi e Antonio Sarno