Il 28 aprile di ogni anno, a Castelvetere sul Calore, ha luogo la Festa della Madonna delle Grazie, patrona del borgo; una tradizione affascinante che conserva radici plurisecolari e che abbiamo avuto il piacere di vivere in questi giorni per poterla raccontare.
Consistente di diverse fasi – alcune che iniziano addirittura molti giorni prima dell’evento in sé – sa toccare, in ognuno dei suoi momenti, quelle corde emotive spesso sepolte nei nostri cuori, intimamente connesse a una fede ancestrale di cui a Castelvetere si trova certamente l’espressione più pura.
Le tappe della catena della devozione
Si parte più di due settimane prima della Festa con la sentita e partecipata raccolta della legna, preliminare all’accensione dei forni che verranno utilizzati per cuocere solo e soltanto gli squisiti tortani, ‘o ppane ‘da Madonna, benedetto nel pomeriggio del 27 aprile.
Concretamente, a partire da poco prima della metà del mese, la preparazione di oltre 50.000 forme di pane – previste anche per celiaci – passa sotto le amorevoli cure delle donne del posto, colonne portanti del rito e persone straordinariamente dedite al lavoro. Tutto ciò avviene in uno stanzone appositamente adibito, ma soprattutto donato alla devota comunità, secondo la tradizione, proprio dalla Madonna delle Grazie.
Insomma, più di un semplice locale: un luogo di fede, di identità e di sublimazione di un humus culturale fortemente sedimentato. È peraltro un ambiente in cui si intonano con grande trasporto canti mariani, e nel quale, nei giorni della preparazione dei tortani, abbiamo avuto il piacere di entrare, apprezzandone appieno la potenza simbolica e valoriale.
“Abbiamo questa devozione assolutamente nel sangue” – ci dice la signora Maria – “guardate l’impegno di queste criature” prosegue commuovendosi.
Non meno significativo è stato il messaggio che abbiamo raccolto dalla signora Mariangela, una donna contraddistinta da una grande mitezza d’animo e, nel contempo, da una grande fierezza. Ci ha confessato: “La preparazione dei tortani è soprattutto sudore, fatica e sacrifici che ben volentieri facciamo per gli altri – ha ammesso – ciò costituisce l’essenza della fede di ognuno di noi, nel senso più pieno e vero”.
È proprio così: grazie ai tortani, il patrimonio materiale si fonde inscindibilmente con il patrimonio immateriale, con il know-how locale, ma soprattutto con una fede integerrima.
Successivamente alla preparazione dei tortani, a seguire, il 25 aprile, si tiene – salvo condizioni meteo avverse – la storica raccolta dei gigli, una tradizione che fa da apripista alla cerimonia di vestizione delle bambine, ultimata nei dettagli finali solo il giorno della Festa.
Concretamente, dopo che il 27 aprile la statua viene portata tra i fedeli in visibilio, le giovani, durante la celebrazione del 28 aprile, indossano vestiti su cui viene cucito dell’oro, “oro della Madonna”. Il metallo prezioso è solennemente prestato da amici e parenti delle dispensatrici stesse, in nome della fortissima devozione per la Vergine. Va da sé che, storicamente, di quest’oro non si è mai perso alcunché.
In effetti, uno degli aspetti maggiormente caratteristici della Festa è proprio il fatto che ad agire da “dispensatrici” (spunziatrici) dei tortani appena benedetti sono queste giovani protagoniste, solitamente di età compresa tra i 7 e i 12 anni. Esse sfilano ogni anno lungo le vie del paese, appunto indossando i loro vestiti adornati d’oro; per inciso quest’anno hanno sfilato addirittura 28 bambine.
Dispensati i tortani nel cuore del paese, ventiquattro ore dopo, le spunziatrici raggiungono – stavolta di concerto con ragazze e donne non sposate – le zone maggiormente periferiche e quelle di campagna con il fine di ultimare la distribuzione, portando con sé ceste più grandi e presentandosi abbigliate in maniera più semplice, senza oro.
Sia nel primo che nel secondo giorno, le spunziatrici sono accompagnate dal loro padrino (munito di bastone), mentre sono presenti solo il primo giorno i carabinieri.
La leggenda
Lo sapevi che il culto della Madonna delle Grazie nasce da una remotissima leggenda? Si era infatti agli albori del Basso Medioevo quando la Vergine apparve ad un’anziana benefattrice di Castelvetere, sollecitandola a edificare una chiesa in suo onore.
Tuttavia, le autorità del tempo, non considerando la persona nel pieno delle proprie facoltà mentali, liquidarono la questione con un “nulla di fatto”.
Con una forza in cui c’era dentro tutta la sua fede, l’anziana non si arrese, al punto che, quando la Madonna apparve nuovamente nella sua abitazione, promettendo di far posare dei fiocchi di neve nel punto esatto in cui desiderava la costruzione della chiesa, le autorità cambiarono radicalmente le proprie posizioni.
Nella data simbolica del 28 aprile fu conseguentemente rinvenuto un piazzale totalmente innevato, mentre della donna si persero misteriosamente le tracce. Fu quindi eretta una chiesa (“Tempietto del Miracolo”), divenuta nel 1992 Santuario diocesano.
Madonna delle Grazie e identità
Per avere la cifra di quanto sia sentita la Festa e di come rappresenti per la comunità un nido primordiale, basti pensare che – anni fa – le piccole dispensatrici erano quelle donne che oggi sacrificano volentieri le proprie giornate per la panificazione e la produzione dei tortani benedetti. O, se si preferisce, basti pensare che, viceversa, le dispensatrici di oggi sono le donne che domani diffonderanno con altrettanta enfasi tale verbo.
D’altronde, l’identità, a Castelvetere come in Irpinia, è forgiata anche da riti plurisecolari, sublimanti l’esaltazione di un credo puro e configurantisi come lunghe catene d’amore e devozione in grado di coinvolgere attivamente l’intera comunità; ciò attraverso tanti piccoli aspetti che attingono al serbatoio della fede, ma allo stesso tempo a quello delle emozioni.
Si ringraziano: Francesca Follo, Samantha Mongiello e l’Associazione Culturale “La Ripa”.
Ph: Pasquale Battaglia