San Modestino, il protettore di Avellino e Mercogliano

da | 10 Feb, 2023 | Fede | 0 commenti

Se da un lato, per i più, il 14 febbraio marca la festa di San Valentino, ricorrenza che tanto emoziona le coppie di gran parte del mondo, dall’altro, per noi di Avellino e Mercogliano, tale giorno segna un’altra celebrazione. Si festeggia, infatti, l’amatissimo San Modestino, Patrono dal 1220.

La celebrazione nella storia

Portando indietro le lancette della cronistoria irpina, anche in tempi remoti il culto del Santo si palesava con straordinaria enfasi. Nello specifico, il 10 giugno, nell’odierno capoluogo veniva celebrato il sinodo diocesano attraverso un rito fortemente toccante. “Era il modo attraverso il quale si rievocava la storica traslazione delle reliquie del Santo”, ci ha raccontato il sagrestano del Duomo di Avellino, Giancarmine Festa.
Dopo la solenne processione – che partiva proprio dal Duomo cittadino e che giungeva fino alla Chiesa di S. Carlo al Largo (oggi non più esistente, ma situata nel cuore di Avellino) – la prassi prevedeva una veglia notturna. Al termine, la statua veniva riportata in Cattedrale abbellita di fiori e luci. Seguiva, tradizionalmente, la fiera in onore del Santo, abolita nel 1600 per accordare esclusiva centralità alla cerimonia religiosa, quella del 14 febbraio, giorno della morte di San Modestino.

Curiosità

Lo sapevi che il sepolcro del Santo Patrono rimase, almeno ufficialmente, nascosto fino alla seconda metà del XII secolo? Fu in quel periodo che il Vescovo di Avellino, Guglielmo, ispirato da Dio, si recò nei luoghi del “Pretorio” (nel territorio di Mercogliano) per l’acquisizione delle reliquie di Modestino. Decise infatti di optare per la traslazione delle stesse – ma anche delle reliquie del santo prete Fiorentino e del santo diacono Flaviano – presso la Cattedrale di Avellino, ove tali resti sono ancora oggi conservati; più precisamente giacciono nella splendida “Cappella del Tesoro di San Modestino”.
Inoltre, sai che i Mercoglianesi riuscirono, dopo la traslazione, a ottenere comunque alcune reliquie del proprio Santo? Esse sono conservate presso la Chiesa di San Modestino e, storicamente, erano più in vista di quelle conservate ad Avellino, come ci ha raccontato il noto professore e storico irpino Armando Montefusco. Nell’attuale capoluogo infatti, esse furono tenute nascoste per secoli, complice il forte di rischio di furti e il subentrare di eventi drammatici come la peste di metà ‘600.
Infine, sai che le città di Avellino e Mercogliano vantano altri due patroni oltre San Modestino? Continua a leggere per scoprire di chi parliamo.

Le radici del Santo e l’approdo ad Avellino

Di discendenza aristocratica, San Modestino nacque nel 245 d.C. ad Antiochia, metropoli romana del Vicino Oriente, al tempo splendente centro culturale e intellettuale. Consacrato nel 302 vescovo della città e patriarca della regione di Antiochia, Modestino si ritirò un anno dopo – a causa delle feroci persecuzioni dell’imperatore Diocleziano – presso un eremo in cui si dedicò unicamente alla preghiera. Tornerà ad Antiochia solo nel 310, rendendosi protagonista, lungo il cammino, di importanti miracoli e straordinarie guarigioni.
Ancora una volta davanti a Diocleziano, Modestino, pur conscio del fatto che sarebbe stato torturato, non rinnegò la propria tenace fede. Imprigionato, fu liberato grazie al provvidenziale intervento divino e riuscì, in quella fase, a lasciare Antiochia. Via mare partì dunque alla volta di Locri, illuminata località della Magna Grecia, oggi appartenente al Reggino e nota per una suggestiva area archeologica.
A Locri, il vescovo convertì un consistente numero di persone al Cristianesimo. Tuttavia, tale notizia giunse all’orecchio, non certo amico, di Diocleziano, che lo fece catturare. Lo rese prigioniero a Sibari, sempre in Calabria, dopo che Modestino, ancora una volta non volle abiurare la propria fede, nonostante la sopraffazione, i soprusi e la violenza.
Liberato grazie a un intervento celeste, quello dell’Arcangelo Michele, fu condotto prima a Pozzuoli e poi ad Avellino. Proprio qui, Modestino iniziò a esercitare il suo ministero di evangelizzatore compiendo benefiche guarigioni e operando un robusto numero di conversioni. Ammirati e conquistati dai gesti caritatevoli e dalla misericordia umana, sempre più Irpini iniziarono a rispettare ed ossequiare lo straordinario vescovo nativo di Antiochia.

Il martirio nel luogo del “Pretorio” di Mercogliano

Denunciato dai pagani, Modestino fu di nuovo arrestato, di concerto con il santo prete Fiorentino e con il santo diacono Flaviano, anch’essi dal 1220 riconosciuti come Santi Patroni nelle località di Avellino e Mercogliano. Portati nei pressi del “Pretorio” di Mercogliano, i tre subirono un pesante martirio, prima di spirare nella notte tra il 14 e il 15 febbraio del 311. Sulle loro tombe fu poggiata un’insegna recante i loro nomi.
In mezzo fu posizionato proprio il Vescovo Modestino con una colomba d’argento, simbolo della dignità episcopale; a destra il santo prete Fiorentino, mentre a sinistra il santo diacono Flaviano. Sul sepolcro vennero eretti un tempietto e una colonna marmorea. I tre, tuttavia – per l’immaginario collettivo dell’intera Irpinia – spirarono solo fisicamente, avendo lasciato in eredità un patrimonio immateriale notevole, in termini di umanità, compassione e benevolenza.

Culto avellinese e culto mercoglianese

Il Professor Armando Montefusco ha voluto spendere con noi qualche parola anche sull’inquadramento storico del culto del capoluogo rispetto a quello mercoglianese.
“Il culto della città capoluogo è per la verità parallelo a quello mercoglianese” – ha ammesso – “laddove quest’ultimo, in effetti, ebbe una nascita addirittura più spontanea rispetto al caso avellinese. Infatti, come sapete, è a Mercogliano, nei luoghi del “Pretorio”, che giacevano i corpi di Modestino, Flaviano e Fiorentino”.
Il Vescovo Guglielmo, in effetti, nella sua grande opera di ristrutturazione di inizio XII secolo, optò per la già citata traslazione (per la verità anche segreta e rocambolesca) perché capì – come proprio il Professore ha notato – che a quel Duomo cittadino, già esteticamente notevole e dimensionalmente maestoso, servisse un elemento di forte riferimento e richiamo, aldilà dello “Specus Martyrum”, peraltro ai tempi (e fino al tardo ‘500) gestito dalla Chiesa avellinese.
Di conseguenza si può dire che il culto nel capoluogo fu “cercato e trovato”, per usare le parole dello storico. Ad ogni modo, la mossa ripagò: infatti, da quel momento in poi, il Duomo cittadino acquistò fascino e valore, oltre a conoscere una notevole quantità di miracoli, “quasi tutti plausibili e in qualche forma accertati”, sottolinea Montefusco.

Vivi la tradizione di San Modestino

Dietro il culto del Santo, si cela, come emerso, un’affascinante storia plurisecolare, divenuta un’immancabile tradizione. Ti invitiamo a vivere, già dal prossimo 14 febbraio, questo appuntamento, perché importante occasione di preghiera, solenne momento di fede e fraternità, ma anche e soprattutto emblema di identità irpina.